Io Capitano: l’odissea di due ragazzi senegalesi in fuga verso l’Europa

Il sedicenne Seydou vive in condizioni di estrema povertà a Dakar, in Senegal, insieme all’amata madre. All’insaputa della donna, iperprotettiva nei suoi confronti, lui e suo cugino Moussa stanno da tempo mettendo da parte dei soldi con l’obiettivo di abbandonare la loro terra natale nella speranza di raggiungere l’Europa, vista come una sorta di paradiso dalle mille opportunità.

IO CAPITANO, RECENSIONE: FINO ALLA FINE DEL MONDO

Arriva finalmente in prima free – stasera su Rai1 – per il grande pubblico Io capitano, discussa opera di Matteo Garrone premiata due anni fa con il Leone d’Argento alla regia al 80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Un film sicuramente potente, che racconta un dramma contemporaneo e sempre attuale come quello dell’immigrazione, che molte vite vede andare perdute quando i barconi carichi di persone in cerca di un futuro migliore trovano la morte in mare.

E che in questa storia di finzione si affida a uno sguardo visionario tipico del suo cinema, con sequenze suggestive e affascinanti che finiscono però per edulcorare parzialmente la crudeltà di situazioni nella realtà ben più spietate, in una messa in scena che mette il messaggio anche al di sopra della verosimiglianza, rischiando a tratti di smarrire l’effettivo nocciolo della questione.

L’UNIONE FA LA FORZA

Le due ore di visione sono all’insegna di un’avventura di stampo classico, con la partenza di questi due ragazzini – destinati a diventare uomini molto prima del dovuto – in cerca di un domani migliore non soltanto per loro stessi ma anche per quelle famiglie che rimangono, consapevoli o meno del loro destino, ad aspettarli in quell’Africa tanto maliarda quanto spietata, con la tradizione e la cultura locali che soprattutto nella prima mezzora trovano ampio sfogo nell’omaggiante, tribale, rappresentazione.

Io capitano ha senza dubbio il merito di non affondare nella melassa e nella retorica, sostituendo ad un facile patetismo un senso pittoresco e pindarico, che non riesce però a raggiungere del tutto quell’epica agognata e suggerita, finendo per rimanere metaforicamente tra i due mondi, sospeso in quelle acque che possono segnare o meno il destino dei malcapitati, improvvidi, protagonisti.

CONCLUSIONI FINALI

Il viaggio della speranza di Seydou e di suo cugino Moussa è quello di tanti migranti che cercano quell’eden promesso in Europa, salvo poi andare incontro ad una realtà ben diversa. Dal deserto che non perdona alle prigioni libiche, l’odissea di questi ragazzi non è un semplice percorso di formazione, ma una vera e propria lotta per la sopravvivenza in un mondo che non fa loro sconti.

Con Io capitano Matteo Garrone racconta il dramma degli ultimi, schivando saggiamente la retorica in favore di un approccio più surreale, in bilico tra il sogno e l’incubo, dove il peso dei corpi e la leggerezza delle anime vanno di pari passo. Due ore di visione nelle quali a tratti manca equilibrio ma che non lasciano ad ogni modo indifferenti, trovanti il necessario slancio emotivo nella struggente interpretazione del giovanissimo protagonista Seydou Sarr.

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